I nostri anni migliori
I nostri anni migliori è il film documentario racconta le storie di cinque ragazzi legate da uno sguardo curioso e deluso, ma non sconfitto, che si posa sulle impreviste sfaccettature della libertà, del viaggio e dell’Europa.
Tra fine febbraio ed inizio marzo del 2011, seimila giovani tunisini approdarono a Lampedusa. Il governo, stretto fra necessità concrete e retoriche di sicurezza, non fu all’altezza degli eventi. La piccola isola si stava avviando al collasso.
Lo “tsunami umanitario” ha dominato il dibattito pubblico di quei giorni. Si è gridato all’invasione; si è accusata l’Europa di “lasciarci soli”; regioni settentrionali e meridionali, governo ed opposizione, si sono rimpallati responsabilità ed esseri umani.
Non venne presa al balzo l’opportunità di parlare del paradosso di un paese di 60 milioni di abitanti, da vent’anni al centro delle migrazioni mediterranee, che, troppo abituato a respingere, è stato incapace di gestire un picco di 6000 persone su un flusso complessivo di circa 23000: lo 0,04% della popolazione italiana.
Passarono in secondo piano aspetti importanti della questione: le esperienze di vita dei rifugiati relativi al cambio di regime tunisino e le ragioni che li hanno spinti a partire.
L’incomprensione del fenomeno si è tradotta in incapacità di accogliere e il flusso si è trasformato in un problema di mero ordine pubblico.
Il 5 marzo 2011 il governo italiano e quello provvisorio tunisino strinsero un accordo bilaterale. La Tunisia si impegnò a intensificare i controlli sulle proprie coste, accettando il rimpatrio forzato di quanti riuscissero raggiungere Lampedusa dopo la mezzanotte di quello steso giorno; l’Italia promise in cambio di fornire un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi per motivi umanitari a tutti coloro che fossero già arrivati.
In attesa di questi permessi, dopo i giorni del folle sovraffollamento a Lampedusa, i giovani tunisini vennero trasferiti in campi di prima accoglienza che, per circa due mesi, divennero la seconda porta d’Europa. Qui siamo andati a incontrarli.
Abbiamo passato giorni a parlare attraverso le fitte reti del campo di Palazzo San Gervasio (PZ), negli uliveti e negli aranceti intorno al campo di Mineo (CT) e attorno ai fuochi improvvisati di fronte al campo di Manduria (TA).
Cinque di loro, cinque ragazzi comuni, ci hanno raccontano le loro storie.
Storie diverse, ma accomunate da un lungo racconto: la costrizione, la repressione, la miseria dei lunghi anni sotto Ben Ali e il sollievo di poterne finalmente parlare; l’orgoglio della rivoluzione e la decisione di partire, per riprendersi il diritto al viaggio, alla libertà di movimento. Per la prima volta dopo 23 anni fu possibile lasciare il Paese senza incontrare la repressione, ma non si sapeva per quanto sarebbe stato possibile.
SCHEDA TECNICA
Italia, 2011 – 45′
Regia: Matteo Calore e Stefano Collizzolli
Con: Adel ben Gaied, Fehti Ouesleti, Mehrez Houihoui, Nader Lihwel, Mouez Bouarida
Soggetto e Fotografia: Matteo Calore e Stefano Collizzolli
Musiche: Claudio Conforto, Alberto Nevo Cagol
Montaggio: Matteo Calore e Stefano Collizzolli
Grafiche: Marco Lovisatti
Segreteria distribuzione: Giulia Moretti, Mario Cirillo
Produzione: ZaLab
Lingua: Arabo (sottotitoli in inglese e italiano)