Le Monde sulla crisi migratoria
LE MONDE 15 settembre 2017
LA CRISI MIGRATORIA NEL MEDITERRANEO
Per il momento, in mare, non restano che l’Aquarius e la nave dell’ONG spagnola Pro Activa Open Arms.
Martedì 12 Settembre, la nave noleggiata congiuntamente da SOS mediterranee e Medici Senza Frontiere é stata chiamata a soccorrere 120 persone in difficoltà, a bordo di un gommone pneumatico, ma sono stati messi tutti in salvo da un battello militare tedesco.
Per il resto, al largo delle coste libiche, regna un’insolita calma: con 3900 persone soccorse nel Mar Mediterraneo ad Agosto, contro le oltre 21.000 dello scorso anno nello stesso periodo, l’afflusso di rifugiati si é improvvisamente arrestato.
La tendenza é piuttosto netta: nei primi 8 mesi dell’anno, il numero delle travesate dalla Libia all’Italia é diminuito di circa il 20% in rapporto al 2016.
Lunedì 4 Settembre MOAS, una ONG creata nel 2014 da una ricchissima coppia italo-americana con base a Malta, annuncia il suo ritiro. La sua nave, la Phoenix, é partita dall’Asia dove deve aiutare Rohingya nel cercare di fuggire dalle persecuzioni birmane, nel mare delle Andamane. Nel comunicato che annunciava la partenza della Phoenix, ecco la dichiarazione dell’ONG che spiega le ragioni: “Noi non vogliamo essere parte di un meccanismo per il quale non c’é alcuna garanzia di accoglienza in porti e luoghi sicuri”.
In effetti, se il governo italiano assicura che la principale ragione di questa incredibile diminuzione dei salvataggi é l’equipaggiamento – grazie a fondi europei – delle guardie costiere libiche alla fine della primavera, oltre che al controllo delle ONG umanitarie accusate, per la loro presenza in mare, di costituire un appello per i candidati all’emigrazione, ognuno può notare che la spiegazione di questo fenomeno é da ricercare nelle coste della Libia. E più precisamente a Sabratha, città costiera della Tripolitana (ovest) divenuta negli ultimi anni il principale punto di partenza dei migranti verso l’isola italiana Lampedusa, distante appena 300 chilometri.
Dalla sua entrata in funzione nel dicembre 2016, il ministro dell’interno italiano Marco Minniti non é riuscito nel suo intento di arrestare i flussi migratori. Minniti ha moltiplicato gli incontri con i dirigenti locali, sindaci e i capi libici, assicurando tutti riguardo la sua volontà di “venire incontro ai loro bisogni” e di “aiutarli”. Sarà patteggiato con dei gruppi armati, persino con gli stessi trafficanti, per raggiungere i loro obiettivi, al rischio di rinforzare o meglio legittimare certe forze vicine alla criminalità organizzata? Questo è quel che sostengono alcune fonti libiche.
“E’ in vigore un accordo tra gli italiani e la milizia di Ahmed Al-Dabbashi – conferma a Le Monde rimanendo nell’anonimato una personalità di Sabratha in collegamento telefonico, che precisa: “L’antico trafficante combatte oggi il traffico”.
Ahmed Al-Dabbashi, soprannominato Al-Ammu (lo Zio), é a capo della Brigata dei martiri Anas Al-Dabbashi – nome di un cugino ucciso durante la rivoluzione del 2011 – che ha dominato fino a Luglio il traffico il traffico dei migranti con partenze da Sabratha. Proveniente da una famiglia potentissima della città – conta una anziano ambasciatore delle Nazioni Unite come l’antico capo locale dell’Isis – lo “Zio” era un boss imprescindibile della zona. Talmente potente che Roma, da prima, aveva concluso un accordo con lui per assicurare la sicurezza dell’ENI, a Mellitah, ad ovest di Sabratha.
“DEGLI ASPETTI AMBIGUI”
L’improvvisa collaborazione di Ahmed Al-Dabbashi sarebbe dunque la chiave della diminuzione dei flussi migratori verso l’Italia. Secondo il Corriere della Sera del 9 Settembre alcuni responsabili della polizia libica hanno affermato che lo “Zio” avrebbe avuto dei contatti con i responsabili italiani prima di ricevere 5 milioni di dollari per bloccare le partenze dei battelli.
Il sindaco di Sabratha, Hassen Dhawadi, non nega l’esistenza di simili contatti.
“Personalmente, posso riconoscere che gli accordi con Al-Dabbashi abbiano degli aspetti ambigui” – ha dichiarato anche al quotidiano italiano. “La soluzione migliore era integrare, agire con pragmatismo. Quel che i servizi di intelligence italiani e Marco Minniti, che ho incontrato più volte sia in Libia che a Roma, hanno compreso bene”.
La rivelazione di queste pratiche occulte di Roma in Tripolitania ha scatenato la polemica in Italia. “Noi ci siamo messi alle dipendenze di coloro che erano i trafficanti e che oggi gestiscono l’anti-traffico”- ha criticato Emma Bonino, ex ministro degli affari esteri. “E’ inaccettabile e tutto questo ci si ritorcerà contro”.
Il governo di Roma smentisce.
Il 9 Settembre Marco Minniti ha definito queste accuse “infondate”. Gli italiani preferiscono sottolineare la loro collaborazione ufficiale con il sindaco di Sabratha, vetrina più che presentabile ma priva di poteri effettivi.
Questi risultati sono duraturi? Non è la prima volta che una città costiera della Tripolitana blocca brutalmente l’accesso al mare. Un caso simile era stato quello di Zoara, città berbera situata in prossimità del confine con la Tunisia, e che era stata la “capitale” libica per il contrabbando dei migranti fino al 2015. Nell’estate di quell’anno, un naufragio che aveva riversato sulle spiagge quasi 200 migranti annegati aveva scatenato una protesta contro gli scafisti.
Il consiglio municipale aveva affidato questo compito ad una milizia di uomini incappucciati. I risultati erano stati immediati a Zoara, ma le reti si erano in seguito riorganizzate più ad est, a Sabratha, che si sarebbe imposta da quel momento come la principale piattaforma per le partenze.
Lo stesso meccanismo si riproduce dopo la “chiusura” di Sabratha. Già, a Zuara, emergono dei tentennamenti. “Le persone di Zuara sono molto frustrate, poichè il comune non ha ricevuto alcun aiuto per la lotta contro gli scafisti” – afferma indignato un cittadino di Zuara intervistato al telefono. “Perchè le persone di Sabratha sono sostenute e noi no? Questo potrebbe incoraggiare alcuni a riprendere i traffici”.
“POTREBBE CAMBIARE IDEA”
“Bisognerebbe vedere un segno? A fine agosto, un battello dove si erano imbarcati 120 migranti era affondato al largo delle coste tunisine. Secondo l’unico superstite, recuperato dalla Croce Rossa tunisina, il gommone era partito da Zuara. Altrove, altre località della Libia hanno registrato recentemente una ripresa dell’attività in materia di contrabbando di migranti. La nave di soccorsi Aquarius ha anche messo in salvo dei migranti che avevano lasciato Khoms e Garabulli, a est di Tripoli, città che si potrebbero imporre come nuovi punti delle partenze.
A Sabratha la situazione resta confusa. Lo “zio” é veramente affidabile? “Potrebbe cambiare idea in ogni momento” , mette in guardia una risorsa locale. Soprattutto, é il solo boss ad essere implicato nell’accordo.
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Invece, la maggior parte dei gommoni sono intercettati una volta a largo, e non necessariamente dalla guardia costiera, prima di essere rimandati sulla terra ferma. “Là, siamo tormentati per pagare un ulteriore viaggio” Spiega la giovane senegalese originaria di Casamance. L’estorsione dei migranti si protrae e ancora di più il contenimento del flusso.
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