La sindrome di Tripoli: un caffè nel buio
Il momento di un piacere semplice e quotidiano come quello di un caffè, diventa motivo di scontro e dibattito su guerre di Milizie avverse.
Anche oggi il regista Khalifa Abo Khraisse, in arte Kelly, ci racconta la storia di uno scorcio della realtà di Tripoli, complicata e troppe volte sconosciuta.
“I giorni scorrono, niente di significativo, aspettando e anticipando, si attiva il pilota automatico all’inizio della giornata.
I prezzi un po’ sono scesi, anche quelli del pane. Hanno però bilanciato diminuendo oltre che i prezzi anche le dimensioni e il peso della pagnotta, ma non ti lagni, ti metti in fila, paghi e vai via.
Al 18 settembre, dopo quattro giorni dal ritorno dell’acqua, è tornato il suono degli scontri. Sono passate meno di due ore dall’inizio degli scontri e l’energia elettrica è andata via. La compagnia elettrica generale annuncia che una delle loro sottostazioni è stata colpita.
Sono andato al bar vicino, dove vado ogni volta che c’è un taglio di corrente. È diventato tra i miei preferiti: è di proprietà di una famiglia, un padre e suo figlio, hanno un comodo divano e un buon generatore, e usano chicchi di caffè italiani di prima qualità.
Quel giorno non ho potuto evitare di partecipare a un dibattito politico. I proprietari sono della città di Tarhouna – un fatto che non era significativo in passato – che è la città della milizia “Seventh brigade”.
I proprietari della caffetteria insistevano sul fatto che la milizia “Seventh brigade” è un esercito di angeli: soldati patriottici venuti per salvare Tripoli dalle mani delle altre milizie.
Il padre parlava come se fosse una campagna politica, agiva già come se facessero parte della nuova grande famiglia di Tripoli, come se Tripoli fosse già controllata da Tarhouna.
Suo figlio era arrabbiato e lanciava molti insulti, e questo mi ha sorpreso. Durante i tre anni in cui sono andato nella loro caffetteria, non ha mai mostrato un tale atteggiamento, ed è sempre stato educato.
Altri clienti dicevano di preferire le milizie di Tripoli, perché sono l’inferno che conosciamo e perché, se una nuova milizia subentrerà, ci saranno molti omicidi, atti di vendetta e saccheggi.
Uno dei clienti è stato più diretto, e ha detto al proprietario del bar: “è facile tifare per i combattenti, mentre tuo figlio fa il caffè qui! Se sei così entusiasta della guerra, mandalo a combattere! Vediamo poi come sei tranquillo quando lo faranno a brandelli.”
Ho cercato di creare la pace e moderare il dibattito, finché hanno chiesto la mia opinione. Tutto quello che volevo era bere un caffè e usare l’elettricità per caricare il mio portatile.
Ho detto che tutte le parti in lotta sono fatte di ladri e assassini, che Fayez al-Sarraj (ndr Presidente del Consiglio Presidenziale e Primo ministro del Governo di Accordo Nazionale della Libia) dovrebbe intervenire e dichiarare ufficialmente di rinnegare tutti.
Questo è il primo passo, l’unico passo possibile se vogliamo sistemare le cose.
A nessuno è piaciuto quello che ho detto, diciamo che sono diventato immediatamente inutile.
Ho deciso che d’ora in poi farò lo stesso ruolo di Sarraj: starò zitto e farò finta di non esserci. Specialmente in questa caffetteria che ha il miglior caffè della città, non posso permettermi di perderlo! Prendo qui il mio caffè del mattino da circa dieci anni, e il proprietario sostiene le milizie di Tripoli in questa guerra, quindi ho bisogno di pensarci due volte prima di parlare.
Gli scontri si sono intensificati nel sud di Tripoli. Nessuno è stato in grado di controllare o fermare le milizie, fino a quando non hanno deciso di fermarsi all’improvviso, il 25 settembre, proprio come hanno iniziato.
Nessuno sa davvero perché, le uniche cose che abbiamo sono speculazioni e anticipazioni sulla data della prossima battaglia.
Fino a quel momento continueremo a vivere i nostri giorni, una goccia alla volta.”